I Bambini Non Dovrebbero Vivere la Guerra

I Bambini Non Dovrebbero Vivere la Guerra

I Bambini Non Dovrebbero Vivere la Guerra

di Milena Pastena

Le Quattro Giornate di Napoli, Quando i Bambini Sono Costretti a Combattere

 

In questi giorni riceviamo, come pugni nello stomaco, le immagini dei bambini coinvolti nel conflitto in Medio Oriente, soli, terrorizzati, spaesati. Davanti a queste immagini ci sentiamo più piccoli di loro e impotenti. Non sappiamo se condividerle a nostra volta le immagini strazianti di queste guerre, magari per sbattere davanti a tutti l’orrore di cui è capace l’essere umano, di cui forse saremmo stati capaci anche noi se fossimo nati nella parte “sbagliata” del mondo.

E forse, in una società in cui ognuno cura il suo pratino, nella quale ci si sente arrivati quando si ha il suv più grande del vicino , varrebbe la pena di proiettarle per strada quelle immagini, così che tutti possano partecipare all’orrore vissuto dagli altri e magari temere che un giorno al loro posto potremmo esserci noi. I napoletani poi, scavando un po’ nella memoria, potrebbero ricordare che una guerra come quella tra Israele e Palestina per la contesa di un territorio, per la liberazione della propria terra, noi l’abbiamo vissuta sulla nostra pelle e tra gli eroi di quelle giornate gloriose e dolorose c’è proprio un bambino, ricordato per il suo contributo coraggioso contro il nemico. Un bambino che morì per la sua città ma sempre vivo nei ricordi dei napoletani, soprattutto dei più anziani, che amano ricordare e raccontare le sue gesta.

Ma ve lo immaginate un bambino di 11 anni che saluta la madre sotto l’uscio di casa dicendo “Mammà, vac ‘a fa’ a guerra!” No, non si può immaginare infatti ,e se davanti a questa immagine il cuore di chiunque si stringe, quello di una madre sanguina. Gennarino Capuozzo lasciò la sua casa di bambino divenuto già uomo e partecipò alla guerra contro i tedeschi in via Santa Maria degli Scalzi dove viveva con la sua famiglia, dapprima rifornendo di munizioni i patrioti e poi impugnando egli stesso le armi.

La storia racconta che davanti a quel bambino minuto il nemico si fermava, arretrava. Era per le granate però, non per il fatto che davanti a quei mostri di ferro ci fossero Gennarino e altri scugnizzi perché in guerra funziona così, il nemico non ha età, connotati, madri, lo uccidi e stop.

Chissà cosa passa nella mente di un bambino che a soli 11 anni imbraccia un’arma, lancia granate, affronta un carro armato sapendo che la morte è inevitabile. Coraggio, incoscienza oppure entrambe. Forse quello che si vede in guerra, le sirene che annunciano le bombe, la città crollata intorno a sé, i morti in strada, i rastrellamenti dei nemici, la fame, l’innocenza rubata da qualcosa che non si può fermare neanche facendo ricorso alla fantasia di un bambino, fanno diventare uomini con cento anni di vita nel cuore.

Gennarino era un piccolo uomo che a 11 anni aveva già vissuto più vite di quante ognuno di noi oggi potrebbe aver fatto. Questo piccolo uomo è uno dei simboli di cui noi napoletani dobbiamo andare fieri e ci deve ricordare che nessuna guerra, per quanto lontana geograficamente, non ci appartiene. Soprattutto perché le guerre sono sempre qualcosa che coinvolge i bambini lasciandoli orfani , mutilati , uccidendoli .

E quando muore un bambino insieme a lui perisce il futuro, di tutti noi.🙏­❤️

Senza-titolo

Milena Pastena

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *