Terzo Settore e Partita Iva: Nuovi Obblighi dal 2025…
Terzo Settore e Partita Iva: Nuovi Obblighi dal 2025
di Gianluca castaldo
Cosa Cambia con la Riforma del Terzo Settore nel 2025?
Terzo Settore e Partita Iva importanti novità arrivano dal mondo del terzo settore, in particolare quest’ultime investono gli enti associativi. Quando parliamo di enti associativi ci riferiamo agli Ets, comprendono le associazioni di promozione sociale (Aps), le organizzazioni di volontariato (Odv), le associazioni sportive dilettantistiche (Ads), le associazioni cd “generiche” ex art. 148 del Tuir, Testo unico delle imposte sui redditi. Per tutti questi enti sopra citati, ad esclusione delle associazioni Onlus, dal 1° gennaio 2025 dovranno aprire la partita Iva.
Dobbiamo fare una importante distinzione in merito. L’apertura della partita Iva è obbligatoria soltanto per gli enti di tipo associativo che svolgono attività di prestazione di servizi o cessione di beni nei confronti dei propri associati: questa attività rileva ai fini Iva. Cosa rientra nelle prestazioni di servizi e nelle cessioni dei beni ai soci, partecipanti o associati? Facciamo chiarezza.
Vengono considerate commerciali, in regime di esenzione ai sensi dell’art. 10, le prestazioni di servizi e le cessioni di beni ad esse strettamente connesse effettuate in conformità alle finalità istituzionali a soci, associati o partecipanti, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali verso pagamento di corrispettivi specifici da parte di associazione politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra scolastica della persona.
Invece, sono escluse dall’obbligo di aprire partita Iva le associazioni che non svolgono alcun tipo di attività rilevante ai fini Iva, associazioni che non svolgono alcun tipo di attività commerciale. Per semplificare il discorso, sono esenti dall’obbligo le associazioni che hanno solo ed esclusivamente entrate non qualificabili come corrispettivo, quali, ad esempio: erogazioni liberali (donazioni), quote associative, contributi dei soci non erogati a fronte della prestazione di servizi o cessioni di beni.
Quindi, contributi pubblici che non abbiano natura di corrispettivo. Per queste associazioni, esenti dall’obbligo, non cambia sostanzialmente nulla e quindi possono continuare ad operare normalmente come hanno sempre fatto solo con il codice fiscale.
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