Favola di Natale I Canto

Favola di Natale I Canto

Riassunto

Favola di Natale - Primo Canto continua l'avventura degli elfi scuri per ritrovare il loro manufatto e riprendere il posto tra gli elfi di Babbo Natale

Favola di Natale I Canto

Opera di Alessandro Cavaliere (Aleks Kishi – disegni Veronica Timone)

Continua la Favola di Natale (clicca qui per il prologo)

I canto – I Bambini senza amore  (parla Nathan)

Mi hanno sempre raccontato

di quando il sole splendeva alto e fiero,

giocando con le nuvole

picchiettando la sua luce qua giù.

Mi hanno sempre raccontato

di quando le risa dei bambini

non erano singhiozzi strozzati,

dal gelo di questo eterno inverno.

In questi racconti si narrava sempre

di quando i sorrisi erano vivi

come un fiore spontaneo

e non solo un momento rubato,

così frugale come un attimo di luce,

così duro come un pugno nello stomaco

tanto che cerchi di evitare

quanto più possibile di ridere,

per non sentire dolore.

Mi hanno raccontato

di quando i sogni erano fabbricati

anche qui in questa valle

e i giochi dei bambini

non avevano il sapore

dello stento e della privazione,

quando non dovevi star attento

che dietro un fiore

poteva celarsi l’orrore,

la morte e la punizione.

Sì, la punizione

per qualcosa di cui un bimbo

non ha colpa,

eppure, nonostante tutto

deve pagarne il fio,

perché questo mondo,

plasmato dagli adulti,

è un luogo che ha perso i suoi sogni,

perché questo mondo

è livido e grigio come la barriera

al confine dell’inverno,

come i ricordi che si sono infranti lì

con il sangue e la vita

dei nostri genitori.

Quei ricordi mai nati

di famiglie felici

di infanzie serene e gaie.

Qui, in questo regno di innocenti,

che sopravvivono tra la guerra

e lo spietato mercanteggiare con la vita

degli adulti,

sono cresciuto con quel sogno

di un mondo diverso e felice.

Immaginando quei prati verdi,

quei fiori senza il dono della morte,

quell’infanzia di nuvole e di sole

dove la sola preoccupazione

è correre senza cadere e farsi male.

Noi qui siamo i bambini senza amore

tutti insieme,

l’uno per l’altro e per nessuno,

in questo silenzio di pietre nere,

in questo raccolto di lacrime

sopravviviamo

con la speranza che quei sogni,

di tanto tempo fa,

possano un giorno diventare

così, d’improvviso, realtà.

Questa era la voce di Nathan mio nipote, cresciuto senza una famiglia. Un bambino che ha visto la luce del Sole solo tra le braccia di sua madre, la quale morì al sopraggiungere dell’inverno partorendo la piccola Lethitia che non vide mai queste terre verdi e lussureggianti e che crebbe con me e suo fratello alla chiesa del buon pastore.

La chiesa che raccoglieva tutti i bambini senza amore di questa terra. La chiesa in cui io, tra i pochi adulti, facevo echeggiare le antiche storie, di allegria e felicità di quando la Contea non era isolata dal resto di Artatia. Quando il nostro manufatto ci proteggeva dal gelo dell’inverno. La chiesa delle storie di tanto tempo fa.

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